sabato 26 gennaio 2013

Questo Principe non invecchia mai


Compie cinquecento anni il capolavoro di Machiavelli

Silvia Truzzi

"Il Fatto",  26 gennaio 2013

Un vademecum di princìpi per i prìncipi ha attraversato la storia ed è arrivato, per nulla impolverato, fin qui: il Principe, l’opera più importante di Niccolò Machiavelli, ancora oggi è uno dei testi più famosi (e tradotti) della storia della letteratura italiana, potentissima (e affascinantissima) riflessione sul potere.
Nei giorni frenetici di alleanze, coalizioni, liste e listini, gli interrogativi del filosofo, segretario della Repubblica fiorentina, sono più che mai attuali. Come quello, fondante, su cosa sia necessario per “ascendere al principato” (salire in politica!): “Il favore del popolo o quello de’ grandi”? I suoi consigli serviranno ai nostri aspiranti, malridotti o sedicenti, prìncipi?
Il pamphlet – il titolo originale in latino è De Principatibus ma è scritto in volgare – fu composto dopo la prigionia (Niccolò venne sospettato di aver congiurato contro i Medici), in un podere della campagna toscana. L’anniversario non passerà in secondo piano. Da due settimane Radio Tre dedica un appuntamento – ogni sabato alle 18, per sei mesi – al saggio: in ogni puntata un interprete del presente prende le mosse dalle letture di un grande del passato, “proprio come faceva Machiavelli quando, al calar della sera, si ritirava a dialogare con i filosofi greci e romani, per capire l’oggi e immaginare una nuova politica”. Della dimensione politica laica, della gestione del governo e sul concetto di potere discuteranno Gennaro Sasso, Massimo Cacciari, Umberto Galimberti, Pier Carniti, Roberta De Monticelli e molti altri ospiti. Ieri intanto si è chiuso alla Casa delle Letterature di Roma un convegno di due giorni sull’attualità del pensiero politico, ma non solo, del sempreverde Principe.
NATURALMENTE anche gli scaffali saranno interessati da una rinnovata vague machiavellica: l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana ha in programma, oltre a una grande mostra che sarà allestita a Roma in ottobre, un’edizione “critica definitiva” del Principe curata da Giorgio Inglese. La congiura Machiavelli, dell’americano Michael Ennis, è in libreria per Newton Compton: il romanzo è ambientato nel 1502, a Imola, dove il Valentino – Cesare Borgia – ha radunato un esercito. Uno degli scopi del libro, ha spiegato l’autore, è quello di sfatare il mito del cinismo machiavellico: “Scoprirete un uomo che non aveva niente di machiavellico, fu un onestissimo servitore dello Stato, un amico fedele e un inguaribile romantico”.
Anche Maurizio Viroli, politologo dell’Università di Princeton e firma del Fatto Quotidiano, “riabilita” la pessima fama del filosofo in Scegliere il principe. I consigli di Machiavelli al cittadino elettore, di cui riportiamo qui sotto il capitolo introduttivo.
Scrive il professore: “Era uomo d’impeccabile onestà, virtù essenziale per un buon consigliere su questioni tanto importanti come quelle politiche. Prova della sua onestà era la sua povertà”. Già qui il tragitto passato presente è fulminante: nell’età dell’oro degli abusi e delle ruberie, la povertà di un importante consigliere è inimmaginabile. E dire che privilegi e “benefici collaterali” di cui gode una classe dirigente che si distingue quasi solo per l’altissimo tasso di corruttibilità o impresentabilità (per usare un termine in voga in questi affannati giorni) certo non sono giustificati da lungimiranza, profondità del pensiero, efficacia dell’azione politica.
PIÙ GLI ELETTI (in senso letterale) peggiorano, più si arricchiscono: è il paradosso della decadenza. Attorno hanno, più che consulenti, schiere di cortigiani, illuminati da un piccolo pamphlet di qualche secolo dopo, che pure non è per nulla invecchiato: il Saggio sull’arte di strisciare (Melangolo) del barone d’Holbach. I consigli a uso dei servi, suonano più o meno così: “La nobile arte del cortigiano consiste nel tenersi informato sulle passioni e i vizi del padrone. Gli piacciono le donne? Bisogna procurargliene” (ogni commento è superfluo). E poi: “Il cortigiano deve tenere ben presente che il Sovrano e più in generale l’uomo che sta al comando non ha mai torto”.
Di tutt’altro avviso Machiavelli, che al Principe dà consigli assai più assennati, con un capitolo che addirittura s’intitola Quomodo adulatores sint fugiendi (In che modo sfuggire agli adulatori). È il momento giusto per sfatare qualche leggenda?

L’anticipazione

Dopo cinque secoli c’è ancora bisogno di lui

di Maurizio Viroli

Con tanti opinionisti, commentatori ed esperti può apparire idea bizzarra rivolgerci a Niccolò Machiavelli perché ci aiuti a scegliere bene il nostro principe, quando dobbiamo votare, e ci insegni a essere cittadini saggi. Machiavelli è vissuto a Firenze fra il 400 e il 500 (1469-1527), non hai mai visto una Repubblica democratica, ed è pure diventato famoso nel mondo per un’opera, Il Principe, nella quale non ha dato consigli ai cittadini, ma al principe. In realtà, Machiavelli è l’uomo giusto. Conosceva e capiva la politica come pochi altri, anche se alcuni suoi contemporanei, come il grande Francesco Guicciardini (1483-1540) ritenevano che talune sue idee fossero troppo audaci per i tempi e le circostanze. Quando era Segretario della Repubblica, un suo amico, Filippo Casavecchia, gli scrisse: “Voi siete il più grande profeta che sia venuto dai tempi degli ebrei”. Anche dopo che i Medici lo cacciarono da Palazzo Vecchio, nel 1512, gli amici ricorrevano a lui per capire le vicende politiche e per prevedere il comportamento dei politici del tempo.
Francesco Vettori (1474-1539), ambasciatore di Firenze presso la corte pontificia a Roma, gli scriveva nel 1514 che anche se erano passati due anni da quando stava in Palazzo Vecchio, “vi riconosco di tanto ingegno” che saprete aiutarmi (...) Sulla politica non aveva rivali. Era poi uomo d’impeccabile onestà, virtù essenziale per un buon consigliere su questioni tanto importanti come quelle politiche. Prova della sua onestà era la sua povertà. Dopo aver servito il governo popolare di Firenze guidato da Pier Soderini per 14 anni, e aver maneggiato enormi somme di denaro, si ritrovò, quando perse il suo incarico, più povero di prima. Aveva poi la virtù, considerata dai più un vizio, di esprimere schiettamente i suoi giudizi politici, anche se le circostanze della vita gli imposero a volte di simulare e mentire. Mentre era dai frati minori di Carpi, nel 1521, ad esempio, scrisse a Francesco Guicciardini che aveva imparato l’arte di non dire mai la verità o, se la diceva, di nasconderla fra tante bugie che era impossibile ritrovarla. Quando trattava di politica esprimeva il suo pensiero apertamente, anche ai potenti.
DELLA CHIESA affermò che se gli italiani erano diventati “sanza religione e cattivi” la colpa era dei papi e dei preti (frati compresi) ; dei Medici signori di Firenze scrisse che il grande Cosimo I fondò il suo regime con una politica di favori indegna del vivere repubblicano e che il tanto celebrato Lorenzo il Magnifico fece guerra contro Volterra per ambizione.
Sappiamo poi per certo che amava la patria con tutto se stesso, e che per tutta la vita dedicò le sue migliori energie a difendere la libertà della sua Firenze e dell’Italia. Aveva anche lui, com’era giusto che avesse, interessi personali e ambizioni, che però non erano in contrasto con il bene comune. Questa è la garanzia migliore che da lui avremo ottimi suggerimenti. E non dobbiamo dimenticare che pochi, nella nostra lunga storia, hanno capito l’Italia come Machiavelli. Riteneva che i suoi compatrioti avessero grandi energie intellettuali, artistiche e imprenditoriali; ma era anche consapevole che mancavano della tempra morale necessaria a vivere liberi. Da quando Cesare e gli altri imperatori avevano soffocato la vita repubblicana della Roma antica, fino ai suoi giorni, gli italiani avevano conosciuto soltanto una libertà fragile e avevano subito sia l’oppressione straniera sia varie forme di tirannide, più o meno velate.
Eppure, anche nei momenti più difficili della vita, mantenne viva la speranza che l’Italia fosse in grado di rinascere e di diventare una patria libera e ammirata.
RISPETTO ai tempi di Machiavelli, nella sostanza, la politica non è cambiata di molto. I politici dei nostri giorni hanno le medesime passioni di quelli che vivevano nella sua epoca: alcuni sono dominati dall’ambizione, altri dal desiderio di guadagno, o dalla paura, o dall’invidia o da varie combinazioni di queste passioni. Ma ci sono anche uomini e donne che hanno sentimenti generosi, quali l’amore della libertà e della giustizia, l’amore della patria, il desiderio di vera gloria. Machiavelli ci appare dunque un consigliere competente, certamente del tutto disinteressato e che ha a cuore il bene dell'Italia. Trovarne un altro con le stesse qualità è assai difficile. Del resto a lui è sempre piaciuto dare consigli, e per noi italiani ha un occhio di riguardo. Va da sé che per avere suoi suggerimenti dobbiamo rivolgergli le domande giuste e riflettere bene sulle sue parole. Dobbiamo insomma avere un po’ di pazienza, ma ne vale la pena. La saggezza che ci può regalare il buon Niccolò aiuta a essere migliori cittadini, e a vivere meglio.

SCEGLIERE IL PRINCIPE, di Maurizio Viroli, Laterza editore, 99 pag., 9 euro

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