giovedì 31 gennaio 2013

L’umano assoluto di Don Chisciotte


Giulio Ferroni


"L’Unità",  30 gennaio 2013

Nella collana di Bompiani dedicata ai Classici le gesta dell’hidalgo a caccia di mulini a vento diventano la sublime metafora di un mondo diviso tra l’utopia e la mediocrità della condizione reale

TUTTA LA VARIETÀ MOLTEPLICE ED ETEROGENEA DEL ROMANZO MODERNO, DI QUELLO CHE È STATO, DOPO, IL MONDO ROMANZESCO, SEMBRA come erompere e scaturire dal Don Chisciotte, un libro assoluto, uno dei pochi libri davvero assoluti: con le mille avventure che si dispiegano nelle pagine di Cervantes, nei volumi della prima e della seconda parte, messi a stampa nel 1605 e nel 1615, ma che da lì hanno viaggiato nell’immaginario, con il richiamo di quel tipo umano, di quel fallimentare eroe in cui spesso si riconosce anche chi il libro non l’ha letto o l’ha sfiorato solo da lontano.
In esso la realtà e l’illusione si intrecciano con i grovigli più diversi, bizzarri e pedestri, abnormi e quotidiani, negli atti e nei discorsi del cavaliere dalla triste figura e del suo scudiero Sancho Panza. Nella follia di don Chisciotte nel suo voler credere nella realtà dei romanzi cavallereschi di cui è ossessivo lettore e nella possibilità di partecipare direttamente, nel presente, al loro mondo si manifesta l’attrazione dell’illusione, l’aspirazione impossibile a vivere entro un mondo perfetto e assoluto, a cui l’individuo possa imporre senza limiti la propria forza, il proprio coraggio, per il trionfo e della giustizia, della verità, della bellezza, in cui abbiano campo reale tutte le favolose meraviglie sognate dalle fantasie romanzesche. Ma nella rappresentazione della sua follia si dà anche la critica a quell’illusione, messa a confronto con la volgarità quotidiana, con la mediocre piattezza di un mondo in cui è sempre in agguato l’inganno, la menzogna, la violenza, il sordido squallore, il più bieco egoismo (e, semmai, la giocosa disposizione a beffarsi di chi quel sogno lo prende sul serio).
Don Chisciotte è uno dei più grandi emblemi dell’umano, del nostro essere sospesi tra l’utopia (che forse sgorga da sogni favolosi di ricomposizione e conciliazione) e la mediocrità delle condizioni reale (il contraddittorio, confuso, banale, disgregato darsi dell’esistenza, dei caratteri del mondo). È tutto questo, formidabile immagine della contraddittorietà del nostro essere (anche dell’essere politico, di un essere politico che non rinuncia a cercare il meglio pur nella coscienza della crisi e dello sfacelo): ma nello stesso tempo ci gratifica con la sua indifesa testardaggine, simpatico e sinistro, allucinato e cordiale; è qualcuno a cui alla fine non si può non volere bene, come non si può non volere bene al suo scudiero Sancho e all’autore che lo accompagna ammiccando in un narrare dispiegato e cordiale, pure pieno di trabocchetti, di contorsioni, di manieristici avvolgimenti. Egli finge del resto di attribuire l’invenzione della storia ad un altro autore, l’arabo Cide Hamete Benengeli, e crea incredibili sovrapposizioni tra piani narrativi, come quelle della seconda parte, dove l’eroe e il suo scudiero incontrano personaggi già informati su di essi e sulle loro imprese, avendole già lette nella prima parte.
Per questo e per mille altri motivi il Don Chisciotte ha fatto da nutrimento alla più grande narrativa europea, agendo anche sugli scrittori da esso in apparenza più lontani: e si può avere l’impressione che una delle ragioni di debolezza della più recente narrativa italiana sia data proprio dalla scarsa presenza di questo capolavoro tra le letture correnti.
Allora può essere occasione di un ritorno più intenso di questo grande romanzo l’edizione appena apparsa nella nuova collana dei Classici della letteratura europea con testo integrale a fronte, diretta per Bompiani da Nuccio Ordine (a cura di Francisco Rico, traduzione di Angelo Valastro Canale, pagine 2182: il testo e la traduzione sono accompagnati da ulteriori apparati e puntuale annotazione).
Nella stessa collana appare contemporaneamente l’edizione di un ampio poema inglese del tardo Cinquecento, che ha molteplici tangenze con la letteratura italiana, finora mai tradotto integralmente nella nostra e in nessun’altra lingua, La regina delle fate (The Faerie Queene) di Edmund Spenser, a cura di Luca Manini, introduzione di Thomas P.Roche jr, pagine 2288: poema d’eroismo e di magia, che sembra proiettarsi ancora, pur se in un’esaltata messa in scena simbolica, su quel mondo di cui il Don Chisciotte registra contraddittoriamente la caduta.
Queste edizioni così appaiate fanno così incontrare simbolicamente questo grande e quasi dimenticato poema, che per la nuova cultura inglese sintetizzava modelli ormai rivolti verso il passato, con il capolavoro al cui seguito si svilupperà tutta la storia del romanzo moderno: e l’introduzione di Rico (a cui spetta anche la cura del testo critico, che riproduce quello da lui approntato per l’edizione critica spagnola uscita per il centenario del 2005) ritrova le ragioni della singolare modernità del Don Chisciotte nel suo radicamento nella realtà concreta della Spagna nel passaggio tra Cinquecento e Seicento, dove era diffuso uso di travestimenti e mascherate in abiti cavallereschi, di tornei e di recitazioni in costume.
Nella sua follia l’hidalgo di provincia, con la sua armatura bizzarra e la sua celata di cartone, porta in giro per la Spagna anche quegli usi spettacolari, quelle diffuse proiezioni teatrali di un orizzonte eroico in realtà sempre più lontano dalla vita quotidiana (a cui in fondo Cervantes, già combattente a Lepanto, non poteva non guardare con una certa nostalgia).
Rico, che è il maggiore studioso della letteratura classica spagnola (ed è anche uno dei maggiori studiosi del Petrarca e dell’umanesimo italiano) mette poi in evidenza la vera e propria semplicità della scrittura di Cervantes, il suo procedere in un flusso continuo, in una lingua che sembra seguire la veloce disponibilità di un narrare affidato alla voce (il che non solo spiega certe sviste e incongruenze, ma le giustifica, attribuisce loro un singolare valore); e indica come il narratore, ponendosi nella prospettiva morale del «giusto mezzo», sappia nel contempo mostrare attenzione a tutti i comportamenti estremi, positivi e negativi (appunto con un senso modernissimo della contraddittorietà dell’esperienza, dell’impossibilità di ricondurla a modelli di perfezione).
Davvero moltissimi sono gli spunti suggeriti da questa edizione e dal lavoro di Rico. Ma c’è una bizzarra possibilità di incontrare Rico, in questi giorni, in un altro libro, da poco uscito presso Einaudi, il bellissimo romanzo di Javier Marias, Gli innamoramenti: qui è Marías dà voce in prima persona ad un personaggio femminile, che si imbatte in Francisco Rico (proprio lui, col suo nome e cognome, con la sua sapienza, i suoi modi, il suo linguaggio di accademico atipico, poco formale), incontrandolo nel salotto di Luisa, vedova del personaggio intorno alla cui morte ruota la vicenda. E l’autore, tra l’inquieto interrogare su cui si sviluppa il romanzo, si diverte maliziosamente a dare una caricatura del grande studioso, della sua esclusiva passione per la letteratura del siglo de oro, della sua scarsa attenzione a tutto ciò che fuoriesce dal proprio universo.
Conosco di persona Rico, ben noto nel mondo universitario italiano, e non mi so decidere se la caricatura di Marías sia malevola o benevola: sono certo però che Gli innamoramenti sia un formidabile romanzo, uno di quelli che ancora stanno, così «da dopo» sulla scia di quel grande inizio che è Don Chisciotte, che sanno interrogare la contraddittorietà dell’esperienza nei termini del nostro presente; e forse proprio per questo non lo troviamo nelle classifiche, in mezzo a tanta narrativa vuota, trascritta da modelli di vita già fissati dall’apparenza mediatica.
Rispetto a questo orizzonte attuale, ci sarebbe qualche vantaggio ad avvicinarsi ancora e di più al Don Chisciotte: e davvero quella di Rico, a tutt’oggi la sola edizione italiana veramente completa, meriterebbe di sostare in permanenza su tanti tavoli, anche solo per occasioni casuali di lettura o rilettura di qualche capitolo (e non farà male, anche per il lettore poco esperto di spagnolo, qualche sguardo all’originale).

Per approfondire: RaiTre Fahrehneit (interventi del traduttore, Angelo Valastro Canale, professore all'Università pontificia Comillas di Madrid, di Antonio Moresco,  che ha scritto con Alessandro Sanna Don Chisciotte e la risoluta voluttà del sogno ed. Tre Lune e Guido Davico Bonino, curatore di: Fu vera gloria? Eroi ed eroismi. da don Chisciotte a Capitan America, ed. SEI).

Don Chisciotte: iconografia dell'opera.. "The archive provides free access to rare visual resources, restores the traditional connection between word and image, and facilitates a better appreciation and understanding of the impact of Cervantes’ masterpiece through 400 years, from several perspectives: textual, critical, artistic, bibliographical, and historical."


Nessun commento:

Posta un commento