venerdì 11 gennaio 2013

Leggi romanzi se vuoi fare l'ingegnere


Paolo Bertinetti

"La Stampa", 10 gennaio 2013

Negli Usa Princeton chiede esami umanistici anche a chi fa studi tecnici e Harvard "globalizza" l'insegnamento della letteratura 
OLTREOCEANO Si considera lo studio letterario come «utile» per la formazione scientifica o economica 
IN ITALIA Gli steccati tra le varie discipline sono ancora molto difficili da abbattere 

L'Università statunitense di Harvard ha da poco fondato un Istituto per lo studio della letteratura di tutto il mondo, l'Institute for World Literature. L'idea in sé non è nuova; e non è neppure molto ben definita: si basa sulla considerazione che nel nostro mondo globalizzato non ci si può limitare allo studio delle grandi letterature europee, ma che è necessario «esplorare la varietà delle culture letterarie» degli altri continenti. Ma la cosa più interessante è che la più prestigiosa università del mondo abbia deciso di investire ulteriormente (perché già lo fa nei settori canonici) nella promozione dello studio della letteratura. In particolare, ogni anno, durante l'estate, l'Istituto gestirà un programma di quattro settimane con lezioni e seminari tenuti da autorevoli studiosi di letteratura di tutto il mondo su temi di interesse globale. Il primo è stato realizzato in trasferta a Pechino, il secondo a Istanbul, il terzo, quello che si terrà quest'estate, si svolgerà ad Harvard. Ed è legittimo sospettare che in futuro molto spesso continuerà a tenersi lì, con puntate strategiche, possiamo immaginare, a Tokyo, o a Delhi, o a Rio. Assai meno probabilmente in Italia, tanto più che il tutto si deve svolgere in inglese e presso un'istituzione accademica specializzata in letterature del mondo. E dove mai nel nostro Paese? Con la faccenda della riforma universitaria già è stato difficilissimo mettere in piedi dei Dipartimenti di Lingue e letterature straniere. E in quasi tutti i casi quei pochi Dipartimenti sono stati ingoiati dalle cosiddette Scuole di studi umanistici, cioè le vecchie Facoltà di Lettere, i cui interessi prioritari sono di tutt'altro genere. Sicuramente non lo studio delle letterature del mondo. Lasciando però l'Italia per tornare negli Usa, c'è da chiedersi se questo interesse per la letteratura sia soltanto strumentale (un omaggio diplomatico ai grandi Paesi emergenti), o se nasca invece da una convinzione culturale sincera. È un fatto che già da tempo ad Harvard, come nelle altri grandi università americane, da Caltech a Yale, da Princeton a Stanford, ci si è sempre più orientati a considerare lo studio letterario come «utile» per la formazione professionale nei settori scientifici, economici, medici. A Princeton, ad esempio, chi si laurea in ingegneria è tenuto a fare nove moduli (ciascuno dei quali corrisponde a metà o a un terzo di un intero corso) in discipline di tipo umanistico. E per quanto riguarda la scelta di creare l'Istituto della letteratura del mondo, essa è del tutto complementare con quanto già qualche anno fa aveva scritto l'allora preside di Harvard College, che, rivolgendosi ai suoi studenti, da un lato li metteva in guardia sull'assenza di garanzia che gli studi specialistici e «professionalizzanti» fossero la porta d'accesso alle professioni. E dall'altro spiegava che le stesse Facoltà specialistiche professionalizzanti volevano gente con mente agile e flessibile, gente colta nell'ampio senso del termine e formatasi nell'esercizio di un rigoroso pensiero critico. Gente capace di leggere un testo essendo in grado di interpretarlo e valutarlo. Gente capace di scrivere frasi corrette e ben costruite. Tutte cose, diceva, che si imparano frequentando studi di tipo umanistico; e letterario in particolare. D'altronde, qualche anno fa, la stessa cosa era stata dichiarata da Celli, il presidente della Luiss, il quale spiegava che nella formazione dei manager e degli ingegneri dovrebbe occupare un posto di rilievo la lettura «di cose che nulla hanno a che fare con la formazione professionale: letteratura, romanzi». La letteratura è «utile» per fare bene cose che nulla hanno a che fare con la letteratura. Ma possiamo aggiungere che è utile in sé, non solo per imparare a scrivere frasi in modo corretto, ma per imparare a conoscere l'uomo e il mondo: la letteratura è comunicazione dell'esperienza. E coloro che insegnano letteratura, insegnando a leggere ciò che forse resterebbe ignorato, aiutano la letteratura ad esercitare questo suo senso profondo. La letteratura in sé. Non, come qualcuno si agita a fare, la letteratura più la magia, oppure più la cucina, oppure più il ballo e l'enologia. La letteratura merita di essere insegnata per i valori (culturali, esistenziali, civili) che in quanto tale essa esprime. Visto che ne sono convinti ad Harvard, potremmo convincercene anche noi.

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